Quando l'uomo inciampò sui segni di Iacono Michele - Bookdealer | I tuoi librai a domicilio
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Quando l'uomo inciampò sui segni

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Nel suo saggio Kant e l'ornitorinco, U. Eco pone la questione dirimente di ogni possibile semiosi: il problema dei limiti dell'interpretazione. Vale a dire: se prima di riferirci alle sequenze di interpretanti e pervenire a una chiara catena dei meccanismi della conoscenza, non si debba partire da quella istanza tutta umana del perché qualcosa ci spinge a parlare, piuttosto che limitarsi ad interpretare i dati come già presenti nel nostro universo, come se da sempre la specie Homo avesse di questo mondo l'evidenza della verità, fondata sulla parola che l'ha edificata. La domanda è stata posta da Leibniz: "Perché c'è qualcosa piuttosto che niente?" Eco, nell'onestà che lo ha sempre contraddistinto, affronta apertamente la questione, non negando il grande imbarazzo che alcune tesi pongono quando ci si avventura nel mare magnum del pensiero occidentale. Di fatto, ab initio, non esiste nessuna mente, né costrutto da cui partire per erigere conoscenza. Ecco di cosa si occupa questo libro. Ricercare quel prima che ci spinge a produrre i segni. I capitoli che seguono sono il tentativo di rispondere alla domanda: perché l'uomo produce segni e parla. Ciò che il presente lavoro vuole suggerire è innanzitutto una presa di posizione. Concepire un disegno in cui i segni hanno dettato i tempi e i ritmi del nostro modo di percepire la realtà e mostrare come la parola sia potuta nascere passando da una fase in cui nessun pensiero, soggettività e formazione sociale erano neppure lontanamente immaginabili; dove né soggetto e l'oggetto erano presenti, e la stessa concezione di vita umana si trovava in bilico poiché in natura non esiste garanzia di sopravvivenza. Abbiamo immaginato che da ambigue "figure segnate" sia sorta la possibilità di tradurre in simboli gli oggetti visibili e, osservandole, ci è parso di scorgere un probabile percorso seguito dalla specie Homo per sopravvivere a una natura aggressiva. La parola, sarà detto nel libro, nascerà dopo, quando gli oggetti si saranno stabilizzati attraverso un lungo processo di costruzione e, insieme ai segni, darà avvio a quel miracolo di far apparire il mondo. Si dirà altresì che nessuna parola poteva nascere se non dopo una "scrittura" che consolidasse la memoria nell'articolazione della sua iterata ripetizione. La parola è debitrice di un segno, senza il quale nessun processo mnemonico poteva dar luogo ad alcun ricordo. Essa appare ambigua, perché non vi è modo di penetrare l'essenza intima della bios e il tentativo fatto dall'uomo è stato quello di mitigare la natura animale da cui nasce con l'umanità con cui ha costruito la sua storia.

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